martedì 17 giugno 2014

Mi sono fermata...



Mi sono fermata per un attimo sull'orlo della mia vita e sono andata alla scoperta del mio tempo, ho saputo ascoltare i miei pensieri di solito sepolti sotto una coltre di suoni incomprensibili; ho visitato la mia anima silenziosa che non ha niente da dire, o forse tutto. Ho scavato nel tunnel della mia solitudine senza perdermi, per poi riaffiorare in un oceano di emozioni ancora da esplorare, respirando a pieni polmoni l'essenza della vera libertà, e della più lucida follia.

lunedì 9 giugno 2014

un giorno di pendolare follia


Ore 6.30 del mattino. Stazione di Bracciano. Se siamo in inverno è ancora buio pesto che il giorno ti sembra un miraggio lontano lontano, se siamo in estate sei il primo a vedere l'alba. La stazione ha sempre qualcosa di spettrale, ancora si cammina tra i binari, ancora non ci sono i tabelloni, la bigliettaia è scontrosa e sgarbata, ma tu ti senti forte del tuo asso nella manica: l'applicazione sul cellulare. Puoi sapere se il tuo treno è partito e sta arrivando, mica come una volta, che potevi restare sulla banchina inconsapevole della tua sorte...ora puoi vivere in diretta tutto il tragitto, non che questo ti dia una sicurezza, l'incognita e l'imprevisto sono sempre dietro l'angolo: può rompersi uno scambio, un passaggio a livello, una linea elettrica, un procione può attraversare i binari o qualcuno può decidere di suicidarsi proprio sotto il tuo treno. Intanto ti guardi intorno e vedi sempre le stesse facce, c'è il tizio che si studia la posizione convinto che la porta si aprirà proprio davanti a lui, c'è la signora con la suoneria troppo alta, c'è il gruppo che chiacchiera animatamente, c'è chi si porta dietro un bambino assonnato. Poi finalmente lo vedi arrivare, la gente si ammassa, le porte si aprono, la direzione che prenderai la decide la folla. Più lontano è il tuo paese, più hai speranza di trovare posto seduto. Se farà caldo o freddo, nessuno può saperlo.  A quel punto puoi rilassarti, ma non ci riesci. Ci sono altre incognite sul tuo cammino, potrebbe rompersi il treno che ti precede, potrebbe sertirsi male qualcuno con conseguente attesa dell'ambulanza, potrebbero decidere di tirare il freno. La tua speranza aumenta ad ogni fermata, intanto salgono i pendolari della tratta urbana, ti fanno un po' di tenerezza perchè sai che il loro obiettivo non è trovare un posto seduti, ma trovare un posto, uno qualsiasi, dove piazzarsi senza ricevere gomitate nel fegato, la rampa della scala, il vano porta bagagli, il wc, anche se puzza di broccolo, è sempre fuori servizio e nessuno osa avvicinarvisi. Ma nonostante l'attacco di tenerezza, difendi a spada tratta il tuo posto, in fondo te lo sei guadagnato, hai fatto un viaggio più lungo, ti sei svegliato prima. Ovviamente c'è chi prova a dormire anche se il ragazzo che ascolta la musica vicino a te ha le cuffie col volume così alto che lo sentono anche nel vagone vicino, c'è chi si legge il caro vecchio giornale, c'è pure chi si trucca. Poi finalmente riesci a mettere il piedino sulla banchina e tiri un sospiro di sollievo, per poi ricordarti che la giornata è appena cominciata, che il vero lavoro è un altro e già ti sale una leggera ansia al pensiero del ritorno, che di insidie ne contiene sempre un po' di più. Ma preferisci non pensarci, non riesci a pensare che fra trent'anni potresti ancora essere lì, su  quella banchina a desiderare il tuo divano dopo una lunga e faticosa giornata, a gelarti se è inverno, a sudare se è estate...stagione dopo stagione...anno dopo anno. Ogni tanto qualcuno prova a farti l'odiosa domanda: ma perchè non ti compri casa a Roma? allora sfoderi un sorriso tirato, ti giri dall'altra parte ed eviti di rispondere che nelle più grandi città del mondo è normale vivere fuori e andare a lavorare con i mezzi senza che ti venga un'ulcera, perchè la tua vita è già dura così, perchè tanto sai che non capirebbe, perchè devi correre a prendere il treno.

domenica 1 giugno 2014

A volte è necessario chiudere i cicli, salutare la persona che eri e che non ti appartiene più, fare un bell'inchino e andare a vedere cosa c'è ad aspettarti laggiù, oltre quel luogo oscuro ed attraente chiamato futuro.