giovedì 2 giugno 2011

Il viaggio della speranza



Oggi  ho deciso di dedicare due righe a colui che mi accompagna da anni per buona parte della mia giornata: il treno. Superata ormai la fase di perenne incazzatura ho raggiunto quella di rassegnazione, una sorta di Nirvana che ti permette di scoppiare a ridere invece di inveire contro il primo omino in divisa verde e blu che incontri sul tuo cammino. Non è un percorso facile, ci vogliono anni di esperienza per raggiungere quel livello, solo che nessuno mi ha mai dato una medaglia al valore o qualcosa del genere, e credetemi, la merito tutta.
Ci vuole abilità e destrezza per fare il pendolare, è una sfida continua che comincia al mattino presto; colui che non è pratico viene subito identificato, si guarda intorno con aria smarrita, cerca il binario giusto, qualcuno che lo conforti, una voce che arrivi dagli altoparlanti, un tabellone aggiornato, poverino! Generalmente l’inesperto medio è il vecchietto che va a fare qualche visita in ospedale, oppure il turista, che ha pure lo svantaggio di non capire la nostra lingua. Sembrerà banale ma anche la posizione in cui ti collochi per attendere il treno ha la sua importanza, sì perché se ti ritrovi lontana dalle porte, potrebbe accadere di rimanere in piedi per più di un’ora, che già la mattina non è piacevole, in più va a finire che ti ritrovi in pochissimo tempo accerchiato da un altro migliaio di persone che ti aliteranno in faccia e avranno mangiato sicuramente aglio il giorno prima. Comunque, nella più fortunata delle ipotesi, trovi il sospirato posto seduta, allora vorresti dormire, magari ascoltando un po’ della tua musica preferita, ma c’è quella vocina irritante che arriva dal microfono e che ti dice tutte le fermate più una serie di cose inutili tipo verificare che il titolo di viaggio sia correttamente vidimato ( siamo tutti tesserati ) o di non aprire le porte dei treni se non sono completamente fermi ( peccato che sia il macchinista a dare questo comando! ). La cosa che potrebbe irritare di più, è che se hai un ritardo di un milione di anni, si è suicidato qualcuno sotto il tuo treno o si è schiantata tutta la linea, da quel maledetto microfono non arriva nulla, neanche un cavolo di “Buongiorno”. Una volta, in caso di ritardo, la vocina diceva “ci scusiamo per il disagio”, ora nemmeno più quello, tanto vale che dica “dovete pagare e stare zitti, idioti”. Il lato positivo di tutta questa situazione c’è, e bisogna vederlo come faceva Pollyanna quando le regalavano un paio di stampelle: se avete una vita noiosa, se cercate il brivido e l’emoziona continua, fatevi un viaggetto sui nostri treni, altro che Bear Grylls e Steve Irwin (buonanima), qui è adrenalina allo stato puro. Un treno che da diretto diventa indiretto, soppressioni a sorpresa, cambi di convogli senza nessun preavviso, soprattutto negli ultimi periodi in cui ci hanno scassato le scatole dicendo che ci sarebbero stati disagi per manutenzione alle strutture. Peccato che finito il periodo di questa fantomatica manutenzione niente sembra essere cambiato, le porte guaste lo sono ancora, il bagno puzza sempre di broccoli, la sporcizia è lì che ristagna (signore, portate i vostri bambini, sono tutti anticorpi!) e l’aria condizionata o è rotta o sembra di stare nello spot della Vigorsol. Comunque non c’è da annoiarsi, promesso! Anche perché ad un certo punto del vostro viaggio incontrerete loro, la parte più pittoresca di questa avventura: gli studenti. Sì, insomma, siamo stati studenti tutti, ma le nostre parolacce si limitavano a “porca puttana” e “stronzo”. Loro invece ne tirano fuori alcune che non ho neanche mai sentito, secondo me le hanno inventate apposta, così, mentre con una mano si tirano su i calzoni che stanno per cadere (tanto le mutande le abbiamo già viste) e con l’altra si lisciano i capelli piastrati, trascorrono il loro viaggetto insultandosi a vicenda e prendendosi a botte. Vabbè, arriverà il momento in cui, tra uno spintone e l’altro, riuscirai a scendere dal treno, non si sa bene dopo quanto, ma prima o poi scenderai, allora farai un bel sospiro sulla banchina sentendoti già sfinito, e ti renderai conto che la giornata è appena cominciata e hai davanti ore di lavoro e soprattutto il viaggio di ritorno da affrontare! E via che si riparte …

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