giovedì 4 agosto 2011

Una ragione per cambiare - Capitolo 1



Sto di nuovo facendo lo stesso incubo. Lo capisco che sto sognando ma non riesco comunque a svegliarmi. E’ sempre la solita patetica scena: io e quel bastardo di Albert seduti sul divano a guardare “American Idol”, il suono del campanello e noi che ci guardiamo con aria interrogativa, poi io mi alzo e vado ad aprire, lo so già chi troverò dall’altra parte, mi chiedo solo fino a che punto sarà colorita l’immagine che mi si presenterà; stavolta Miranda Dulton mi guarda senza dire una parola, sta sogghignando leggermente, i suoi capelli fulvi e mossi sembrano allungarsi verso di me come tanti tentacoli che potrebbero stritolarmi, ha una pancia enorme che cresce a vista d’occhio, secondo dopo secondo, e che sembra sul punto di esplodere, e lei sempre con quel sorriso malvagio stampato su quella faccia da stronza. Sto cercando di gridare ma il suono si strozza in gola, poi qualcosa mi scuote e mi ritrovo nella mia camera, o meglio nella mia vecchia camera, mentre mio padre cerca di riportarmi nel mondo reale, che non è tanto migliore di quello che ho lasciato.
- Kelly … hai avuto un altro incubo? – mi chiede a bassa voce, non ha neanche più l’aria agitata delle prime volte nelle quali lo buttavo giù dal letto con le mie grida, si è semplicemente rassegnato.
- Non me lo ricordo, papà … - mento spudoratamente, il dottor Leonard gli ha trovato la pressione alta e non voglio che si agiti di nuovo con l’intenzione di correre ad uccidere Al.
- Hai preso le gocce ieri sera? – ;
Annuisco levandomi in piedi, il sole è sorto da parecchio e illumina quella piccola stanzetta dove c’è posto solo per il mio letto con la trapunta viola, un comò di legno tarlato, un sgabuzzino pieno di vestiti ammucchiati e di vecchie cose, e uno scaffale dove trovano posto numerosi romanzi e poesie di Robert Frost e Walt Whitman. Poggio i piedi sul tappeto lilla sbadigliando.
- La colazione è pronta, tesoro! – mi dice lasciandomi sola, credo si senta ancora imbarazzato nel vedermi in calzoncini e canottiera, ma siamo quasi in giugno e non posso certo morire di caldo. L’odore di uova strapazzate e bacon che arriva dall’altra stanza mi spinge a trascinarmi pigramente verso la cucina, mi siedo alla tavola che lui si prodiga per apparecchiare accuratamente ogni mattina e addento un pezzo di pancetta, lui mi imita:
- Papà vacci piano … il colesterolo! – lui sbuffa leggermente, non è più in forma come lo ricordo da bambina, il fisico asciutto ha lasciato il posto ad una pancia pronunciata che spunta da sotto le camicie tirando i bottoni ( non è la prima volta che devo ricucirne qualcuno ), i numerosi capelli neri e mossi cominciano a diradarsi sulla fronte ed ingrigirsi sulle tempie, ma è ancora un bell’uomo, con i grandi occhi verdi identici ai miei e la sua figura imponente e fiera. E’ stato un poliziotto per quasi tutta la vita, di pattuglia su qualche auto scassata per le strade di New York, e in tanti anni di carriera è stato ferito da una pistola solo una volta, alla spalla, da un rapinatore fuori di testa. Sono un paio d’anni che è in pensione, non aveva più la stessa grinta da quando … beh … da quando la mamma se n’è andata.
- Allora, sei pronta per il colloquio? – mi chiede facendomi andare di traverso il succo d’arancia. Merda. L’avevo dimenticato. Oggi non è il solito giorno in cui mi alzo piangendomi addosso e lamentandomi di come sia improvvisamente cambiata la mia vita, oggi ho un colloquio di lavoro alla “New Wilkinson Editions”, e sono totalmente nel panico. E’ stato mio padre, determinato a trascinarmi fuori dalla mia autocommiserazione, a mettermi davanti l’annuncio. L’ha trovato sul “New York Times” che lasciano fuori dalla nostra porta ogni mattina, e che lui si mette a sfogliare avidamente sulla sua poltrona preferita bevendo caffè lungo. Sembra che nella celebre casa editrice newyorkese si sia improvvisamente liberato un posto per la reception, una mansione che non ho mai svolto e che mi è totalmente oscura, ma i requisiti richiesti non sono fuori portata ed è comunque una possibilità per ricominciare, sempre che ne abbia voglia. Papà mi ha addirittura accompagnato da Saks a comprare un tailleur per l’occasione, è blu elettrico e ha una deliziosa giacca avvitata e una gonna con un leggero spacco sulla coscia destra, gli sarà costato mezza pensione.
- Kelly, ricordati di portarti dietro uno dei tuoi manoscritti … - mi dice per l’ennesima volta, masticando una salsiccia, alzo gli occhi al cielo:
- Ne abbiamo già parlato, papà … -
- Lo so, tesoro, ma in fondo è pur sempre una casa editrice, tentare non costa nulla … -
- E’ per un posto da segretaria, lo sai benissimo … in questo momento mi serve un lavoro, la storia dei libri non è una priorità! – borbotto. Sono già abbastanza provata in questa fase della mia vita e non ho bisogno di aggiungere il fallimento artistico alla lunga lista delle mie delusioni. Lui continua a definirmi una scrittrice, e la stessa cosa fa Melissa, la mia migliore amica, e Jessica, mia sorella; peccato che generalmente gli scrittori sono tali perché puoi passeggiare tra gli scaffali delle librerie e trovare un loro libro in ordine alfabetico, con una foto dall’aria vincente sul retro e una copertina patinata ed affascinante. Ho provato quella strada solamente una volta, quando mi ero quasi convinta che potessi farcela, ma nessuno ha preso in considerazione le mie “opere”, così sono tornata a fare quello che mi fa stare maggiormente bene: scrivere solo per me stessa. In realtà non butto giù una riga da qualche mese, ma considerando quello che ho passato, nessuno potrebbe non giustificare la mia mancanza d’ispirazione, il fatto poi che scriva romanzi d’amore, beh, quello complica ulteriormente le cose.
Mezz’ora dopo quell’abbondante colazione sono davanti allo specchio del salotto a scrutare la mia figura con aria critica, mi chiedo se sia stata una buona idea legare i capelli in una stretta coda, una volta erano lisci e scuri come quelli dei cinesi, ma ultimamente sono più crespi e ribelli, forse a causa dello stress; mio padre mi osserva sorridendo leggermente:
- Sei uno schianto, bambina mia … sembri ancora più alta! Vedrai che andrà benissimo, li stenderai! Basta che smetti di avere il muso lungo e torni ad essere la mia piccola ranocchietta! – mi chiama così da quando ho tre anni, e ultimamente ha ricominciato alla grande.
- Vuoi che ti accompagni? Possiamo prendere un taxi, che ne dici? –
- Dai papà non esagerare … prendo la metro … poi ti faccio sapere, ok? – lui annuisce lievemente deluso, da quando è successo quel casino con Albert, si sente di nuovo protettivo nei miei confronti come se fossi tornata ad essere una bimba indifesa.
Esco di casa con la certezza che mi sta guardando dalla finestra del salotto, e poi saluto il proprietario della panetteria, si starà sicuramente chiedendo come mai sono tornata a vivere nella nostra casa del West Village. Mentre affretto il passo squilla il cellulare nella mia borsa, è Melissa, che vorrà sicuramente augurarmi buona fortuna.
- Buongiorno Mel, sei già sveglia? –
- Stai scherzando? Martha saltella come un grillo sul nostro letto dalle sei di questa mattina! –
- Povero Ethan … ora che può riposarsi un po’!  -
- Anch’io sono sfinita, Kelly … fare la madre è un lavoro che non conosce riposo … - borbotta alterata
- Mi hai chiamata per parlarmi delle gioie della maternità? – chiedo ironicamente
- No, sciocca … oggi è il gran giorno, giusto? Stai andando al colloquio? –
- Sono appena uscita … -
- Scommetto che il vestito ti sta divinamente! –
- Mel, non aspettarti troppo da questo colloquio, ok? È il primo che faccio e non so se sono in … forma per sbaragliare la concorrenza, vediamola come un’occasione per tornare in ballo, che ne dici? – silenzio dall’altra parte
- Dovresti partire con più ottimismo, Kelly … -
- Mel, sono stata buttata in mezzo alla strada, ho perso il lavoro e il ragazzo, tutto in un colpo solo … è più facile che vinca la prossima edizione di “America’s got talent” piuttosto che diventare un’ottimista! – ribatto sentendo quella piccola ferita vicino al cuore che ricomincia a sanguinare copiosamente
- Mi dispiace, Kelly … ora concentrati su questa nuova opportunità, non rimuginare su Albert, me lo prometti? – prendo un lungo respiro, l’odore di pane e ciambelle calde che arriva dal negozio che sto superando mi solleva leggermente il morale.
- Ci proverò, Mel … - .

1 commento:

  1. Il primo capitolo promette molto bene.... mi piace, vedrai che lo pubblicherai, devi crederci e desiderarlo, immaginati famosa e sicuramente si avvererà.
    Un abbraccio
    M.D.A.

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