giovedì 21 aprile 2011

la poesia del lago


Oggi voglio rendere omaggio alla mia incantevole Bracciano. Forse è superfluo specificarlo, ma per uno scrittore anche il luogo da dove si scrive ha la sua rilevanza. Certo, sarebbe indubbiamente più gradevole poter evitare di andare avanti e indietro dalla città tutti i giorni, con gli evidenti disagi dei ritardi che caratterizzano il nostro poco organizzato paese. Due ore per arrivare in ufficio, altre due per rientrare a casa. Tanto tempo da impiegare come lo si preferisce, sonnecchiando, oppure con una musica spaccatimpani nelle orecchie (io, per esempio, prediligo i Muse), ma, guarda caso, il passatempo preferito dai pendolari nel loro calvario quotidiano è decisamente la lettura. Sicuramente, per chi è abituato a quell'andirivieni, un'occhiata fuori dal finestrino non può che essere noiosa, io invece devo ammettere che dopo tanto tempo non riesco ancora a fare a meno di incantarmi quando il mio trenino verde comincia ad avvicinarsi alla mia zona. C'è un tratto, poco prima di entrare in paese, che sovrasta leggermente il lago: il colore dell'acqua è sempre più blu di quello del cielo, si riesce a scorgere qualche pigra barca a vela e, in lontananza, proprio dietro al Soratte, diversi monti ancora imbiancati. Bracciano si erge fiera con il suo affascinante castello a dominare quello specchio d'acqua, ma se ti volti dalla parte opposta, e guardi con attenzione, riesci a scorgere perfino il mare. Personalmente non posso che trovare estremamente poetica quell'immagine che mi accompagna ogni giorno, con il desiderio che arrivi presto l'estate, e che come ogni anno possa ritrovarmi su quella piccola e silenziosa spiaggia, ad osservare i cigni che, vanitosi, ti scrutano appena per poi passare oltre, sollevando leggermente le loro candide penne; ho nostalgia di quel silenzio quasi irreale che ti infonde serenità e leggerezza e attendo con ansia di farne ancora parte.

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