martedì 17 maggio 2011

Roma amor mio


Oggi, approfittando dell'orario lavorativo ridotto, ho deciso di avventurarmi in quel di Via del Corso, complice qualche amica con esigenze di shopping più o meno plausibili. Devo ammettere che da quando ho scelto di essere una provinciale (chiamiamola scelta), non ho avuto più molte occasioni di apprezzare il lato più dolce di questa città. Invece c'è da dire che ne avevo bisogno, ci voleva qualcosa che mi ricordasse che Roma non è soltanto stare in coda sulla tangenziale, i mezzi pubblici che fanno schifo, e la sporcizia ovunque.
E pensare che quando avevo quindici anni non esisteva sabato pomeriggio senza via del corso, le tappe obbligate erano due: il Macdonald di P.za di Spagna e Sweet Sweet Way (chissà se qualcuno se lo ricorda), che vendeva caramelle e cioccolatini. All'epoca mi tuffavo con facilità nella folla , oggi fatico a riprendere il ritmo. Ci sono cose, in questa città, che richiedono una certa abilità, come ad esempio afferrare "Metro" o "leggo" al volo quando scendi dalla scala mobile senza rallentare il passo, schivare agilmente quelli che vogliono mollarti volantini e depliant, e trovare il modo di infilarti in posti impossibili sul bus strapieno, sono cose che richiedono destrezza, invece, un bel giro di shopping è una tentazione irresistibile, certo, sarebbe più divertente con la carta di credito di Paris Hilton in tasca ... comunque ho potuto notare con piacere che ci sono cose che non cambiano mai, e che le troverai lì sempre, come la Barcaccia o l'obelisco di P.za del Popolo; no, non sto parlando dei monumenti ma di istituzioni altrettanto intramontabili come il banchetto della grattachecca, l'omino delle castagne (qualcuno glielo dica che è maggio, perchè ancora è lì che arrostisce), i tizi davanti alla chiesa che ti chiedono soldi per la comunità di recupero ( aggirare quelli è un vero talento), e le sventole che passeggiano per Via Condotti, dove tu, con i tuoi jeans e la tua magliettina, ti senti un po' la piccola fiammiferaia.
Ovviamente il centro non sarebbe lo stesso senza la carovana infinita di giapponesi con i cappellini, l'ombrellino e le gambe pallide che marciano instancabili e scattano miliardi di fotografie, e quando li incroci hai la sensazione che sono sempre gli stessi che hai incrociato un anno fa, oppure dieci, fa lo stesso.
E così, anche se non possiamo permetterci di entrare da Gucci o da Cartier e non passeggiamo con le mani cariche di buste griffate, non ha importanza, perchè sappiamo che Roma è nostra, con i suoi sampietrini, i nasoni che ci danno l'acqua più buona del mondo, e il suo fascino che cresce con l'età, proprio come Sean Connery!

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